Universidad Facultad de Derecho Canónico www.iuscangreg.itCIC1983CCEODerecho para la Iglesia LatinaDerecho orientalDerecho particularDerecho propio / estatutosFuentes históricas del derecho canónicoJurisprudencia STSAAcuerdos internacionalesSitios webLiteraturaPeriodica de re canonicaBibliografía canónicaMotores de búsquedaLinklistSitemapDocentesConocidos profesores del siglo XX
Jurisprudencia de la Signatura Apostólica en materia contencioso-administrativa
 
 

Tribunal Supremo de la Signatura Apostólica
Sententia definitiva del 22.06.2002, Prot. N. 29418/98 CA


Actor Rev.dus X
Demandado Congregatio pro Institutis vitae consecratae et Societatibus vitae apostolicae
Objeto Dimissionis
coram Cacciavillan
Contenido Non constare de violatione legis in procedendo vel in decernendo.
Notas Cf. L’attività della Santa Sede 2002, p. 849.
Fuentes 
?
Legenda
 
Cánones del Código de 1983
Todos los cánones que pueden leerse en la parte in iure o en la parte in facto de las decisiones se indican en las fuentes.
Los cánones que son el objeto principal de la decisión o sobre los que la decisión establece un principio de interpretación se muestran en negrita.
Aparecen en cursiva los cánones del Código de 1983:
- que no aparecen en el texto de la decisión, pero que son tratados en la decisión;
- que corresponden a los cánones del Código de 1917, de los que trata la decisión (tomada anterior a 1983).

Otras fuentes
Se informa de todas las fuentes que pueden leerse en la parte in iure y en la parte in facto de las decisiones.
CIC cann. 20; 686-693; 694; 694-703; 695 § 1; 696; 697; 699 § 1; 1321 § 3; 1395 § 2
Máximas
1. Quaestio utrum facta recurrenti imputata et ab eo admissa sint facta gravia et causam dimissionis constituentia, necne, solvitur non solum per recursum ad ordinariam rationabilitatem hominum, sed etiam ex verbis legis quae abusum sexualem in minores grave delictum considerat, in can. quidem 1395, § 2.
2. Quoad rationem inter facta et dimissionem ab instituto religioso, iteratio graviorum factorum eidem recurrenti imputatorum et ab eo admissorum dimissionem omnino necessariam reddidit; iudicio legitimi Superioris, emendationi sodalis atque restitutioni iustitiae et reparationi scandali satis alio modo consuli non poterat et ergo dimissio ad normam can. 695, § 1 obligatoria evasit.
3. Quoad recurrentis imputabilitatem: omnes actiones recurrenti imputatae demonstrant eum rem certa cum deliberatione perpetravisse; enimvero epistola 90 pagellis constans non uno momento redigitur; longiorem insuper relationem exstitisse constat pariterque recurrentem non impulsu invincibili momentaneo aestus passionis egisse, sed gressum ad gressum posuisse ad proposita sua exsequenda (in casu relatio fit sive per analogiam ad can. 1321, § 3 [posita externa violatione legis imputabilitas praesumitur] sive ad sententiam definitivam coram Davino diei 4 maii 1996, prot. n. 23737/92 CA: «Iterum atque iterum severe declarare censuerunt Infrascripti deordinatam agendi rationem in re sexuali non necessario nec semper repetendam esse ex mentali infirmitate vel defectu ita ut numquam sermo fieri possit de morali responsabilitate vel gravi culpa, sed singulis in casibus, omnibus considerandis pensatis, iudicium ferendum esse»).
4. Quoad ius defensionis denegatum: recurrens, sua responsione practice renuntiavit exercitio iuris defensionis, quod ius intra terminos a Superioribus rationabiliter statutos exercendum erat.
5. Quidquid est de animo Superioris provincialis erga recurrentem, certo constat huiusmodi animum numquam influxum habuisse in decisionem a Superiore generali una cum suo consilio decretam.
1. La questione se i fatti imputati al ricorrente e dal medesimo ammessi siano fatti gravi e costituiscano causa di dimissione, si risolve non solo attraverso il richiamo al comune ragionevole sentire umano, ma anche dal testo di legge che considera l’abuso sessuale nei confronti di minori un delitto grave e ciò appunto nel can. 1395, § 2.
2. Quanto alla proporzione tra i fatti e la dimissione dall’istituto religioso, la ripetizione dei fatti gravi imputati al ricorrente e dal medesimo ammessi, hanno reso deel tutto necessaria la dimissione; a giudizio del legittimo Superiore, non era possibile rimediare sufficientemente in altro modo all’emendazione del sodale, alla restituzione della giustizia e alla riparazione dello scandalo e perciò la dimissione a norma del can. 695, § 1 divenne obbligatoria.
3. Quanto all’imputabilità del ricorrente: tutte le azioni imputategli dimostrano che ha compiuto la cosa con deliberazione certa; non si scrive infatti una lettera di 90 pagine in un solo attimo; consta inoltre che vi fu una alquanto lunga relazione e pure che il ricorrente non ha agito sotto l’impulso invincibile momentaneo di un impulso passionale, ma che ha posto passo dopo passo per mettere in atto i suoi propositi (nel caso si fa riferimento sia per analogia al can. 1321, § 3 [posta la violazione esterna della legge si presume l’imputabilità] sia alla sentenza definitiva coram Davino del 4 maggio 1996, prot. n. 23737/92 CA: «Sempre di nuovo i sottoscritti [giudici] ritennero di dichiarare severamente che il comportamento disordinato in campo sessuale non necessariamente né sempre deve essere fatto derivare da una malattia mentale o da un difetto così che non si possa mai affermare una responsabilità morale o una grave colpa, ma che si deve dare un giudizio nei singoli casi dopo aver valutato tutte le circostanze da considerare»).
4. Quanto al negato diritto di difesa: il ricorrente con la sua risposta ha praticamente rinunciato all’esercizio del diritto di difesa che doveva essere esercitato entro i termini ragionevolmente stabiliti dai Superiori.
5. Checché ne sia dell’animo del Superiore provinciale verso il ricorrente, consta con certezza che questo animo non ebbe mai alcun influsso nella decisione presa dal Superiore generale con il suo consiglio.

Autor de las máximas (en latín) y de la versión italiana: © G. Paolo Montini