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Giurisprudenza della Segnatura Apostolica in materia contenzioso-amministrativa
 
 

Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica
Decretum definitivum del 05.05.1990, Prot. N. 18061/86 CA


Parte attrice Rev.da X
Parte convenuta Congregatio pro Institutis vitae consecratae et Societatibus vitae apostolicae
Oggetto Exclaustrationis
coram Silvestrini
Pubblicazione W.L. Daniel, Ministerium Iustitiae, 260-274
ME 115 (1990) 487-492
P.V. Pinto, Diritto amministrativo canonico, 496-500
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Traduzioni angl., W.L. Daniel, Ministerium Iustitiae, 260-274
Contenuto De recursu adversus decretum reiectionis a Congressu latum. Recursus non admittitur ad disceptationem.
Fonti 
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Legenda
 
Canoni del Codice 1983
Sono riportati nelle fonti tutti i canoni che si leggono nella parte in iure e nella parte in facto delle decisioni.
Sono riportati in grassetto i canoni che costituiscono l’oggetto principale della decisione o sui quali la decisione enuncia un principio di interpretazione.
Sono riportati in corsivo i canoni del Codice 1983, che
- non appaiono nel testo della decisione ma dei quali la decisione tratta;
- sono corrispondenti a canoni del Codice 1917, dei quali la decisione, anteriore al 1983, tratta.

Altre fonti
Sono riportate tutte le fonti che si leggono nella parte in iure e nella parte in facto delle decisioni.
CIC cann. 49; 50; 51; 686 § 3; 691 § 1; 695 § 2; 696 § 2; 697, n. 2; 701; 1598 § 1; 1720, n. 1; 1728 § 1; 1745, n. 1
Massime
1. Exclaustratio sodali instituti religiosi iuris pontificii imposita a simplici exclaustratione differt in sequentibus: non est gratia concessa, sed imponitur, et quidem a Sancta Sede, ad tempus indeterminatum ad nutum Sanctae Sedis, et tantum cessat eiusdem auctoritate. Est praesertim privatio iuris ad vitam communem et vocis activae et passivae. Quae privatio multo minor est ac in dimissione, qua ipso facto et definitive cessant vota necnon iura et obligationes ex professione promanantia (cf. can. 701). Exclaustratio imposita non habetur poena, sed remedium quo intenditur bonum communitatis et saepe saepius etiam ipsius sodalis.
1. L’esclaustrazione imposta ad un sodale di un istituto religioso di diritto pontificio differisce dalla esclaustrazione semplice per i seguenti elementi: non è concessa come favore, ma è imposta e precisamente dalla Santa Sede, a tempo indeterminato a discrezione della Santa Sede, e cessa per la stessa autorità. Consiste soprattutto nella privazione del diritto alla vita comune e della voce attiva e passiva. Questa privazione è molto inferiore alla privazione che si ha nella dimissione, per la quale automaticamente e definitivamente cessano i voti nonché i diritti e gli obblighi che promanano dalla professione (cf. can. 701). L’esclaustrazione imposta non è una pena, ma un rimedio per il bene della comunità e spesso dello stesso sodale.
2. Ad exclaustrationem imponendam sufficiunt graves causae; nec requiruntur graves causae imputabiles, uti pro sodalis dimissione (cf. cann. 695, § 2 et 696, § 2).
2. Per imporre l’esclaustrazione bastano cause gravi; non occorrono cause gravi imputabili, come per la dimissione (cf. cann. 695, § 2 et 696, § 2).
3. In exclaustratione imponenda servandae sunt aequitas et caritas, etsi non tantum erga religiosum, cuius exclaustratio petitur, verum etiam erga institutum eiusque communitates, quae iure gaudent vivendi in pace. Id praesertim valet in parvis communitatibus indolis contemplativae.
3. Nell’imporre l’esclaustrazione si devono osservare equità e carità, anche se non solo verso il religioso, del quale si domanda l’esclaustrazione, ma anche verso l’istituto e le sue comunità che hanno il diritto di vivere in pace. Ciò vale soprattutto per le piccole comunità contemplative.
4. In exclaustratione imponenda aequitas erga religiosum servanda procul dubio, inter alia, exigit ut ipse tempestive certior fiat de petitione exclaustrationis, causis motivis indicatis et facultate concessa proprias rationes libere exponendi; significatio tamen omnium et singularum probationum in casu requisita non videtur: nam exclaustratio imposita, uti patet, minoris gravitatis est quam dimissio facultativa, et insuper in can. 686, § 3, nihil explicite ad rem dicitur, uti ceterum nihil explicite statuitur de necessitate communicandi omnia peculiaria documenta probatoria.
4. Nell’imporre l’esclaustrazione l’equità da osservare verso il religioso certamente richiede tra l’altro che egli sia informato tempestivamente della domanda di esclaustrazione, delle motivazioni e della facoltà concessa di esporre liberamente le proprie ragioni; la informazione tuttavia di tutte e singole le prove nel caso non è richiesta: infatti l’esclaustrazione imposta, com’è evidente, è di minore gravità della dimissione facoltativa, e inoltre nel can. 686, § 3, nulla si dice esplicitamente al riguardo, come d’altronde nulla esplicitamente si stabilisce circa la necessità di comunicare tutti i singoli documenti di prova.
5. Ad exclaustrationem imponendam servandi quoque sunt cann. 50 et 51.
5. Per l’esclaustrazione imposta si devono osservare anche i cann. 50 et 51.
6. In decreto quo exclaustratio imponitur rationes decisionis latae sive in iure sive in facto summarie exponuntur, remittens ad can. 686, § 3, et ad «modum sese gerendi» sodalis. Quae ratio motiva in facto, etsi aliquantulum vaga, sufficiens apparet in casu,
attentis litteris a competenti Curiae Romanae Dicasterio ad recurrentem antea datis (in casu tamen Patres animadverterunt optandum esse ut Dicasteria rationes motivas fusius exponant in huiusmodi decretis. Nam motivatio valde summaria, etsi iuxta strictam litteram legis sufficiens, facile ansam dat recursui ad Signaturam Apostolicam; ex decreto bene motivato, e contra, quodammodo iam apparere potest ulteriorem recursum ad Supremum Tribunal inutilem fore. Periculum insuper habetur insufficientiae motivationis, si rationes decidendi nimis summarie expressae sunt; insufficientia autem motivationis aequiparatur eiusdem defectui).
6. Nel decreto con il quale si impone l’esclaustrazione si espongono sommariamente le ragioni della decisione sia in diritto sia in fatto, rimettendo ad can. 686, § 3, e al «comportamento» del sodale. Questa ragione motiva in fatto, benché un po’ vaga, appare sufficiente nel caso, considerata la lettera precedentemente mandata al ricorrente dal competente Dicastero della Curia Romana (nel caso tuttavia i Padri avvertono che sarebbe desiderabile che i Dicasteri esponessero più diffusamente in questo tipo di decreti le ragioni motive. Infatti una motivazione troppo sommaria, anche se sufficiente secondo la stretta interpretazione letterale, offre facilmente il pretesto per un ricorso alla Segnatura Apostolica; da un decreto ben motivato, al contrario, può in qualche modo già apparire inutile ricorrere poi al Supremo Tribunale. Inoltre se la ragioni della decisione sono espresse in modo troppo sommario, si rischia il pericolo di una motivazione insufficiente e l’insufficienza poi è equiparata all’assenza di motivazione).

Autore delle massime in lingua latina e della traduzione in lingua italiana: © G. Paolo Montini